Psichiatra uccisa a Pisa: il commento del primario di Psichiatria di Aosta, dott.ssa Beoni

La donna aggredita da un ex paziente. «Situazioni così estreme sono rare. Auspico una maggiore comprensione delle difficoltà associate al nostro lavoro»

 

Barbara Capovani

«Innanzitutto sono dispiaciuta per l'accaduto e per la perdita della collega, Barbara Capovani, ma non dobbiamo pensare e soprattutto associare la patologia psichiatrica alla violenza». Lo afferma il primario della Psichiatria di Aosta, Anna Maria Beoni, commentando il caso della psichiatra di Pisa aggredita presumibilmente da un paziente per la quale è stata dichiarata la morte cerebrale.

«Esistono situazioni estreme - spiega la dott.ssa Beoni - dove le condizioni psicopatologiche sono tali da alterare la realtà della persona che ne soffre e talvolta indurla a compiere azioni estreme come quella che si legge, ma come ho già detto sono estreme e rare».

La malattia mentale non va demonizzata. «In passato la patologia psichiatrica era associata alla violenza e l'istituzione di manicomi serviva a tutelare la società più che riabilitare il paziente - rimarca Beoni -. Oggi la salute mentale sta attraversando un periodo estremamente difficile, oltre all'aumento dei casi di sofferenza tra i giovani veniamo investiti della gestione di utenti autori di reato con parziale o totale infermità di mente e pericolosità sociale, senza contare che a differenza delle altre specialità mediche la nostra richiede: una diagnosi una terapia ed una forte alleanza con il paziente che frequentemente non accetta le cure, non le condivide ed il confine tra la libera scelta di accettare le cure (art. 32 della Costituzione) ed il trattamento sanitario obbligatorio non sempre è così chiaro ed è dovere dello psichiatra rispettare la libertà dell'utente tutelandolo da possibili conseguenze della condizione patologica».

«Un maggior rispetto del nostro lavoro, una maggiore comprensione delle difficoltà ad esso associato è quanto auspicabile in futuro», afferma ancora il primario di Psichiatria. «Non so se potremo evitare totalmente gravi episodi come quello accaduto a Pisa, ma potremo ricordare la collega ogni qual volta qualcuno ci punterà il dito contro giudicando il nostro operato senza la consapevolezza delle difficoltà ad esso connesse», conclude la dott.ssa Beoni.

 

 

Marco Camilli

 

 

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