Il Tavolo di coordinamento del Pcp 'scomunica' i 5 consiglieri regionali

Bertin, Cretier, Jean-Pierre Guichardaz, Malacrinò e Padovani 'sono cinque persone che agiscono a titolo personale e non a nome di Pcp'

 

Consiglio regionale

Esprime «rammarico, amarezza e disappunto» il Tavolo di coordinamento del Progetto Civico Progressista per la sostituzione della capogruppo in Consiglio regionale Erika Guichardaz con Paolo Cretier. «Rammarico - dice il Tavolo - perché Erika Guichardaz in questo primo anno di presenza in Consiglio regionale ha operato bene e con grande impegno» e «amarezza perché i consiglieri regionali che si sono espressi per la sua sostituzione, tutti uomini, lo hanno fatto in aperto contrasto con lo spirito e la lettera che caratterizzano PCP».

A questo punto «solo le consigliere Erika Guichardaz e Chiara Minelli possono essere considerate rappresentanti a pieno titolo di Pcp» mentre Alberto Bertin, Paolo Cretier, Jean-Pierre Guichardaz, Antonino Malacrinò ed Andrea Padovani «sono cinque persone che agiscono a titolo personale e non certo a nome di Pcp».

«Tutti i componenti della lista Pcp alle regionali, per poter essere candidati, hanno sottoscritto un impegno formale ad individuare come gruppo consiliare il Gruppo allargato (GAR), che è composto non solo dai consiglieri eletti, ma anche dai primi due esclusi e da altre tre persone indicate dalle forze e dai soggetti politici sostenitori», ricorda il Tavolo. Però alla riunione di lunedì del Gar i cinque consiglieri non c'erano in quanto impegnati in una riunione "parallela" che, aggiunge il Tavolo di coordinamento, «non aveva nessuna legittimità». E ancora: «tutti i candidati si sono inoltre impegnati, qualora eletti, a portare avanti il programma depositato ed anche a versare alla coalizione una quota prestabilita con percentuali specificate degli emolumenti consiliari. Un impegno che i 5 consiglieri - prosegue il Tavolo di coordinamento - non hanno rispettato, tanto che si sono autoridotti unilateralmente la percentuale dovuta ad un terzo di quanto si erano impegnati a versare».

«Nessuno» dei cinque consiglieri è di conseguenza «legittimato a fare il capogruppo di una coalizione come PCP, di cui non riconosce il ruolo, le regole, le indicazioni e con cui ha preso degli impegni che non rispetta». I cinque dovrebbero «valutare l’opportunità di dar vita ad un nuovo gruppo consiliare, con altra sigla».

«La scelta di avere un gruppo consiliare largo, osteggiata da alcuni, è stata fatta proprio per superare la separazione fra politica e partecipazione ed immaginare il lavoro del consigliere come rappresentativo di una parte dell'elettorato più ampia possibile», aggiunge il Tavolo di coordinamento. Invece questa «azione divisiva messa in atto» è stata effettuata «in contrasto con il grande sforzo unitario fatto per costruire PCP che nello scorso autunno è stato premiato dagli elettori. Anche nelle recenti elezioni amministrative in Italia il campo progressista ha ottenuto buoni risultati laddove ha saputo unire e tenere insieme sensibilità diverse, ma solidamente cementate sul piano programmatico».

 


E.G.

 

 

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