Katia, barista 'ribelle': ho una famiglia da mantenere, rimango aperta

Nel suo locale di Pont-Saint-Martin consumazione al tavolo nonostante i divieti. I clienti ci sono e le sanzioni anche

 

Katia - bar LysPONT-SAINT-MARTIN. Katia è la titolare del bar Lys, uno dei locali "ribelli" della Valle d'Aosta classificata arancione. Dopo mesi di chiusure ha deciso di continuare ad offrire un servizio normale fino allo scorso anno, ma che in tempi di Covid è fuorilegge: il consumo ai tavoli. È stata più volte multata, insieme ai suoi clienti. Poi sono arrivati i provvedimenti di sospensione. Lei però non cede.

Il suo bar adesso è aperto?
"Sì, sono aperta".

Solo per l'asporto?
"No, chi vuole può scegliere l'asporto e chi vuole può stare seduto ai tavoli e prendere le sanzioni insieme a me".

Quante persone decidono di fermarsi ai tavoli?
"Dipende. Le multe e le sanzioni sono aumentate: il primo giorno erano 5, il secondo giorno 9. Il primo giorno dopo le multe i clienti sono andati via, ma nei due giorni dalle sette e trenta alle nove ho avuto la sala piena. Tutti seduti, con le mascherine, rispettando le distanze. Non avevo mai visto i miei clienti così ordinati".

A causa delle chiusure per il Covid-19 il suo locale ha avuto perdite di fatturato? Ha dovuto mandare a casa dei dipendenti?
"Ho avuto un calo di fatturato che penso sia simile a quello di tutti gli altri, attorno al 70-80 per cento. Avevo un dipendente a tempo determinato che ho messo in cassa integrazione da novembre e che fino a oggi ancora non ha preso nulla. Io non ho rinnovato il contratto".

Oltre alle multe lei ha ricevuto due provvedimenti di sospensione dell'attività, uno per un periodo di 5 giorni l'altro per 30 giorni. Cosa intende fare?
"Questa mattina sono passati e hanno minacciato di ritirarmi la licenza. Ho già sentito il mio avvocato. Comunque vado avanti".

Cosa le ha detto l'avvocato?
"La licenza possono sospenderla, ma ritirarla no. Solo per violazione delle norme di igiene o di sicurezza. E se sospendono la mia licenza io comunque rimango aperta. La scelta è tra far morire di fame me e la mia famiglia o morire di multe. Morirò di multe".

Perché questa decisione?
"Da un anno si sta provando a migliorare la situazione e lo Stato sa bene che non ci sta aiutando molto. Io ho due figli da mantenere: devo pensare anche a me stessa".

Non pensa che questo comportamento rappresenti un rischio sanitario?
"Il rischio sanitario c'è, però se ci hanno detto di mantenere le distanze, indossare le mascherine e usare i gel disinfettanti un motivo ci sarà. Allora perché devo anche chiudere il mio locale, se in un anno non è cambiato nulla?".

Lei quindi è decisa a mantenere questa sua posizione?
"Io sì, e non sono comunque la sola. C'è un altro bar a Pont-Saint-Martin che ha aperto e che però non hanno sanzionato. C'è anche un ristorante a Donnas in cui in questi giorni non sono passati per controllare. Io ero a cena lì domenica e ho fatto anche l'aperitivo, ma nessuno si è presentato".

Se dovesse trovarsi davanti il ministro della Salute o il presidente della Regione, cosa chiederebbe?
"Direi loro di mettersi una mano sulla coscienza".

 

 

Marco Camilli

 

 

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