La situazione politica in Regione, l'archiviazione di Egomnia e la situazione sociale in Valle d'Aosta
Alberto Zucchi, coordinatore di Fratelli d'Italia della Valle d'Aosta. FdI oggi è il primo partito in Italia, il centrodestra alle elezioni ha ottenuto la maggioranza assoluta alla Camera e al Senato. In Valle d'Aosta però il risultato elettorale non rispecchia quello nazionale. Merito degli avversari o demerito vostro?
«Guardando indietro tutti possono rendersi conto degli errori commessi. La Valle d'Aosta però ha un tessuto socio-politico permeato dai partiti autonomisti che hanno fondato il loro potere sul controllo della macchina. Non dimentichiamo la presenza preponderante del controllo pubblico: la Regione è il motore principale e incute perplessità e timori nei confronti dell'elettorato. In questo contesto non è facile fare politica di centrodestra e trasformare un mondo così consolidato. Sulla questione delle candidature presentate in Valle d'Aosta, io sono la persona meno indicata a cui chiedere perché un po' di rammarico c'è: nella fase di grande crescita di Fratelli d'Italia, forse l'elettorato avrebbe gradito una presenza diciamo indicativa del partito sulla scheda elettorale. Ma non penso che questo sia stato determinante per un successo che, mi permetto, è avvenuto a metà in quanto è la prima volta che un componente del centrodestra è andato a Roma, al Senato in questo caso, a rappresentare la Valle d'Aosta».
Passate le elezioni, il centrodestra continua a essere unito?
«Prima del voto abbiamo sottoscritto un accordo e non sarà Fratelli d'Italia a violarlo. Il documento stabilisce che le elezioni politiche fossero solo l'inizio di un percorso di unità e questo lo stiamo rispettando: ci siamo riuniti per esprimere il nostro sconcerto a fronte di quanto sta avvenendo a Palazzo regionale e nell'UV, che continua a pensare che la Valle d'Aosta sia un suo feudo a uso esclusivo. Questo incontro ha determinato una presa di posizione da parte del Centrodestra unito che si è esplicitato in un comunicato congiunto che condanna questo valzer di poltrone in corso mentre intorno tutto sta crollando. Abbiamo anche deciso insieme di non presentare iniziative consiliari perché sarebbe inutile avere risposte da chi si è autosfiduciato. Quindi sì, il centrodestra continua a essere unito».
Parliamo di Egomnia. L'archiviazione è stata accolta con toni trionfalistici. Il pm però ha precisato che, in base alle prove raccolte, emerge un collegamento tra la malavita organizzata e gli ex indagati.
«Non commentiamo le azioni della magistratura e non vogliamo strumentalizzare quanto accaduto: ognuno valuta i concetti di opportunità e inopportunità come meglio crede. Abbiamo però visto questa logica di opportunità / inopportunità non appartiene a movimenti, altrimenti le conseguenze dovrebbero essere scontate. Ma non vogliamo cavalcare questi elementi. Per noi bastano e avanzano le azioni politiche per condannare uno stato dei fatti che consideriamo surreale».
I consiglieri dell'UV riuniti si sarebbero spaccati sulla possibilità dell'avvicendamento alla presidenza tra Lavevaz e Testolin. Quali rumors le sono arrivati?
«Ho la sensazione che ci sia il crescente terrore del ritorno alle urne da parte dei personaggi che siedono a piazza Deffeyes. C'è paura che venga ridata la parola al popolo, cosa che invece dovrebbe essere la logica conseguenza dell'attuale situazione. E' evidente che l'equilibrio della maggioranza è precario e che 18 non è un numero sufficiente per dare stabilità. Gli alleati dell'UV si sono mossi per cercare di tenere in piedi una barca che fa acqua da tutte le parti. Quanto sta avvenendo non va nell'interesse dei cittadini, delle famiglie, delle imprese valdostane e ha l'unico obiettivo di tenere salda una poltrona per la paura di perderla se si tornasse alle urne».
Stiamo entrando in un inverno difficile a livello economico e non solo. C'è il rischio di un pericoloso aumento della tensione sociale?
«Il popolo valdostano ormai mi sembra assuefatto a questa situazione. In un altro secolo si sarebbe pensato ai forconi di medievale memoria, mentre ora queste condizioni non ci sono più. Le preoccupazioni però sono più che fondate e dovrebbero esplicarsi tramite un voto che stigmatizzi una situazione che non può più rimanere tale. I 35 sono chiusi in una torre d'avorio e pensano che tutto si svolga all'interno di quelle quattro mura. Non riescono a vedere la sofferenza generale della società. Anzi, tutto continua come se nulla fosse. Bisogna rendersi conto che non si può più traccheggiare. Sono 18 mesi che manca un assessore, si continua a dire che saranno fatti dei cambiamenti che non si verificano mai. Andare avanti così è un insulto per chi lavora e fatica. Serve un cambio di marcia che purtroppo, allo stato attuale, non vediamo».
Marco Camilli