Scuola e riaperture: intervista all'assessore Chantal Certan

Sul distanziamento tra persone: 'i ragazzi sanno che non devono abbracciarsi'

 

Chantal CertanAssessore Certan, si è tanto parlato del fatto che lei voleva aprire le scuole a maggio. Qual era l'obiettivo di questa apertura anticipata?
"Non è tanto che io le volessi riaprire a maggio, quanto il fatto che le disposizioni nazionali in quel momento si fermavano al 17 maggio e mi era sembrato fondamentale procedere con l'analisi approfondita della situazione per essere pronti a riaprire nel caso avessimo dovuto e potuto farlo. La scuola è l'ente che educa le giovani generazioni e svolge anche un servizio per le famiglie e, visto che stavamo valutando come riaprire le attività economiche, ritenevo fosse importate fare lo stesso per la scuola. Con la sovrintendenza e un gruppo composto di soli tecnici (ecco perché non abbiamo invitato i sindacati) abbiamo quindi studiato la situazione delle classi. Nella nostra regione abbiamo investito nelle scuole e nell'organico: sul territorio abbiamo scuole con tre insegnanti e quindici bambini e scuole dell'infanzia mantenute aperte con un insegnante e tre bambini e questo per noi è un atout. Più dell'80% delle classi inoltre non supera i 20 alunni e quindi avremmo potuto valutare l'apertura di quell'80% di classi con un eventuale scaglionamento. Adesso l'obiettivo della giunta regionale è arrivare al 14 settembre, data presunta di riapertura, con tutta la didattica in presenza e tutti i ragazzi che riprendono la loro quotidianità".

Come gruppo di lavoro siete venuti a contatto con il timore di far tornare i figli a scuola da parte delle famiglie?
"E' stato un periodo molto difficile e pesante e questa preoccupazione in parte la capisco. Dal canto nostro dobbiamo dare delle sicurezze. Abbiamo un protocollo sanitario anche più rigido di quello stabilito a livello nazionale. Abbiamo guardato alle misure europee e disposto per esempio una distanza minima di 1 metro e mezzo anziché 1 metro. Questo piano è stato presentato ai dirigenti scolastici, ai sindacati e al Celva con l'obiettivo proprio di dare delle sicurezze".

È immaginabile che 20 adolescenti rispettino le distanze imposte?
"Penso che i ragazzi siano molto più responsabili di ciò che crediamo. Lavorare con bambini e adolescenti è un piacere perché fa capire come loro usino il buonsenso in modo anche più spiccato rispetto agli adulti".

Lei è ottimista quindi
"Sono ottimista e ho molta fiducia nei ragazzi".

Se due fidanzatini si abbracceranno durante l'intervallo a scuola non saranno rimproverati?
"Loro sapranno che durante l'intervallo non ci si deve abbracciare e che quando usciranno da scuola potranno abbracciarsi e andare a casa mano nella mano. I ragazzi sanno rispettare le regole. Bisogna però spiegarle loro. Secondo me questo periodo tra maggio e giugno doveva essere utilizzato per fare educazione al distanziamento e per ascoltare i ragazzi, per dare loro la possibilità di raccontare le paure e le difficoltà che hanno affrontato. La didattica a distanza è servita a tamponare, ma non può essere considerata un vero momento di didattica, di pedagogia".

Il presidente di una scuola valdostana ha scritto alle famiglie sulla possibilità che gli alunni con tante insufficienze chiedano di essere bocciati. Cosa ne pensa?
"Ogni dirigente fa questo tipo di proposte con spirito costruttivo. Questa è una situazione eccezionale ed è evidente che deve esserci un rapporto stretto tra scuola, famiglia e alunni. Deve essere una scelta della famiglia condivisa con la scuola, ma non dò così rilievo a questa iniziativa perché questa possibilità c'era già prima".

Arriveranno tempi migliori?
"Assolutamente sì e dobbiamo anche noi lavorare per farli arrivare e per toglierci queste paure. Dobbiamo essere capaci di costruire e di prevenire un altro inverno di difficoltà. Comunque sia da questa situazione una cosa l'abbiamo imparata: non ci sono certezze. Anche a livello amministrativo abbiamo dovuto fare scelte senza avere informazioni certe, perché nessuno poteva darcele. Di tutto quanto è successo mi spiace che si sia rinunciato ad occuparci dei giovani e dei nostri studenti, forse anche per paura. La rinuncia è sempre un po' un fallimento secondo me. Si è pensato molto a come riaprire tante cose e la scuola è stata lasciata indietro. Ma non in Valle d'Aosta, dove invece siamo stati sempre presenti e puntuali al di là di scelte che non abbiamo potuto prendere".

 

Marco Camilli

 

 

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