La valdostana Licia Coppo non mangia da nove giorni per difendere i diritti dei minori
Non mangia da nove giorni Licia Coppo, pedagogista, formatrice e counselor, che ha intrapreso lo sciopero della fame per dichiarare a vele spiegate: «No al Green pass rafforzato per ragazzi under 19». Un convincimento forte e profondo quello di questa valdostana che all’educazione ha dedicato tutto, la sua formazione, la sua vita, la sua professione: lavora da anni come consulente esterno per le scuole valdostane, forma genitori e insegnanti, e aiuta bambini e ragazzi nelle fasi critiche della loro vita.
A dicembre aveva già manifestato il proprio dissenso di fronte ai decreti che estendevano anche ai minori l’obbligo del Green pass rafforzato attraverso una petizione Change.org. Qui citava l’articolo 2 della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza: “gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari”.
Nove giorni fa Coppo ha iniziato il suo sciopero della fame, sulla scia di quello inaugurato già a dicembre dal professor Davide Tutino e poi proseguito dal prof. Saverio Mauro Tassi e oggi, il giorno in cui termina il suo sciopero, ha altri valdostani disposti a continuare la staffetta.
Ci racconta le motivazioni della sua scelta?
Stavo guardando mio figlio giocare a rugby e ho sentito e vissuto il piacere di vederlo lì di nuovo dopo due mesi di campionati sospesi. Lui ora ha il Super Green pass da guarigione ma se non si fosse immunizzato a gennaio sarebbe stato tagliato fuori, come altri ragazzi a cui lo sport è negato. Qui nasceva una grande dissonanza emotiva: molte famiglie che conosco avevano dovuto rinunciare.
La sera poi vedo che Carlo Cuppini aveva intrapreso lo sciopero della fame assieme a Sergio Porta protestando contro tutte le discriminazioni imposte dal Green Pass, anche quelle ora subite dagli adulti rimossi dal luogo di lavoro. Ho subito riconosciuto in questa azione un modo per andare oltre alle parole. Sono in atto delle discriminazioni gravissime sugli adulti ma soprattutto sui minori. Con i decreti del 23 e del 30 dicembre si è varcato un confine inaccettabile. È assurdo vedere alunni rimanere a casa in DAD perché non vaccinati, è assurdo pensare che non possano più prendere un autobus.
La scuola che ruolo ha?
La scuola da due anni è diventata un luogo di malessere. Poco innovata, con poca ricerca di cambiamento, con nessun fondo dalle istituzioni, con insegnanti distrutti, stanchi e logori e con ragazzi che oggi più che mai hanno bisogno di loro.
Intanto il governo decide, mette e toglie libertà con un taglio che ormai ha perso la veste sanitaria. È di tipo puramente politico e i cittadini sono resi esecutori di tutti questi provvedimenti che stanno uscendo dalla cornice costituzionale. La convenzione Onu è sovraordinata giuridicamente rispetto alla legge nazionale eppure oggi questo è legittimato da una sorta di indifferenza. Siamo come assuefatti al malessere.
Ci sono ragazzini sani e in salute che da due mesi e mezzo vengono tagliati fuori da tutto e nessuno sta pensando a passi indietro. La garante nazionale Carla Garlatti una settimana fa ha negato la discriminazione, sostenendo che quello che accade ai minori è conseguenza della scelta dei genitori. Quindi per punire un adulto scegli di punire anche i suoi figli?
Da pedagogista, quali rischi comporta tutto ciò sul futuro di un minore?
Avremo molti cocci rotti da raccogliere in termini emotivi e psicologici dei bambini e ragazzi. Non solo non vaccinati. Questi due anni hanno messo alla prova: la pandemia, le sue chiusure hanno creato ansia sociale, depressione e demotivazione. La fascia under 25 non sta bene, ha vissuto una vera e propria interruzione del percorso evolutivo e gli ultimi mesi hanno creato spaccature su di loro. Hanno cominciato a dividersi e giudicarsi reciprocamente.
Proviamo a immaginare se i ragazzi ragazzi della fascia di età 12-19 non fossero stati vincolati al Green pass: il vaccino non sarebbe stato un tema oggetto dei rapporti tra genitori e figli e tra famiglie anche con vedute diverse.
Cosa ha colto in questi mesi di protesta?
Ho capito che per il bisogno di andare avanti, di portare a casa il pane, di continuare la propria vita e di puntare al proprio obiettivo ristretto, molte persone si sono fatte traghettare nella narrazione in cui tutte queste misure sono necessarie. Hanno visto questa escalation di discriminazione ma la hanno considerata ineluttabile e hanno praticato l’indifferenza sociale. Per questo con il nostro sciopero della fame a staffetta speriamo di sensibilizzare le persone per riuscire ad uscire da questo clima di assuefazione e pensare che si poteva fare altrimenti. Eccome.
Veronica Pederzolli