Intervista a Marika Demaria di Libera Valle d'Aosta: "quadro preoccupante e allarmante e c'è chi ha chiuso gli occhi"
Le notizie giudiziarie e di cronaca di questi giorni sembrano confermare le grida d'allarme degli ultimi anni: in Valle d'Aosta forse non è tutto così trasparente, limpido, senza criminalità organizzata. Qual è la tua sensazione?
La netta sensazione è che molti abbiamo volutamente chiuso gli occhi. Ci sono state grida d'allarme anche autorevoli da parte della Commissione parlamentare antimafia e di esperti nazionali che sono stati qui ad Aosta più di 15 anni fa - che noi di Libera abbiamo riportato nel Dossier l'Altra Valle d'Aosta - che continuavano a dire che la Valle d'Aosta non è un'isola felice. E' mancata la coscienza, non c'è stata la capacità di leggere il territorio perché o non si conosce il fenomeno o non lo si vuole capire. Si è sottovalutato ciò che veniva detto e in più c'è stata una situazione di comodo. Il tessuto sociale non è completamente corrotto, assolutamente, e ci fidiamo dell'operato della magistratura. Vogliamo capire fino in fondo cosa sta accadendo, ma dal lavoro encomiabile che stanno svolgendo carbinieri e polizia in questa ed altre indagini emerge un quadro davvero preoccupante ed allarmante. Dobbiamo decidere di conoscere il nemico e affrontarlo una volta per tutte ed è necessario che ci sia la volontà politica e sociale di combatterlo.
In Valle d'Aosta tuttavia non sono emersi particolari casi di estorsioni e richieste di pizzo. Questo forse perché la mafia è infiltrata a livelli medio-alti oppure vi risulta che anche i piccoli commercianti ne siano soggetti?
Due anni fa come Coordinamento regionale di Libera avevamo organizzato, insieme alla Camera di commercio della Valle d'Aosta, degli incontri ad hoc per i vari settori e distribuito un migliaio di questionari anonimi per sapere che percezione avevano i commercianti del fenomeno mafioso e se erano mai stati avvicinati da personaggi di questo mondo. Il dato sconfortante è stato che di quei 1000 questionari anonimi distribuiti soltanto 16 sono stati stati compilati e questo significa che c'è o omertà o una non conoscenza del fenomeno. Ci sono indagini che ci raccontano di estorsioni e di minacce agli imprenditori (mi viene in mente Tempus Venit nel 2011). E' sbagliato immaginarsi soltanto la "coppola e lupara" perché c'è anche altro: un sistema di controllo del territorio, di intimidazioni e di assoggettamento. Queste sono le caratteristiche che la legge 416 bis dice essere associazione per delinquere di stampo mafioso. La Valle d'Aosta non è assolutamente immune da questi fenomeni.
Il procuratore capo di Torino dopo il caso Longarini ha stabilito che la polizia giudiziaria non dovrà, in alcuni casi, riferire delle indagini ai superiori per il rischio di compromissione delle indagini e infiltrazioni nelle procure. Se questa è la situazione, chi volesse denunciare a chi dovrebbe rivolgersi?
Il fatto di chiedere maggiore chiarezza su quanto sta accadendo in Valle è fondamentale e sacrosanto. Il cittadino deve avere fiducia nella magistratura e nelle forze dell'ordine. Noi come associazioni facciamo un lavoro sulla mentalità, sulla cultura della cittadinanza, ma magistratura e forze dell'ordine devono dare segnali al cittadino e trasmettere fiducia. Sarebbe sconcertante immaginare di vivere in una società in cui non si ha più fiducia nelle istituzioni.
Torniamo ai 1000 questionari anonimi proposti. Solo 16 restituiti fa preoccupare e pensare
Ci siamo chiesti se avessimo sbagliato noi a somministrarli o se fosse stato necessario prima preparare le associazioni. Per noi comunque è stato significativo. Speriamo che arrivino segnali positivi dal territorio per quanto riguarda la capacità di denunciare. La prevaricazione di qualsiasi tipo di diritto fa parte della cultura mafiosa.
Le dichiarazioni apparse sui giornali negli ultimi giorni descrivono la Valle d'Aosta come omertosa e parlando di un tessuto sociale che ha recepito il virus mafioso senza generare anticorpi. Siamo davvero a questo livello?
Generalizzare non va mai bene, ma è vero che se queste infiltrazioni ci sono - e ci sono - è perchè lo si è consentito a vari livelli, dalla politica alla società civile, e questo ha dato vita ad un sistema di malaffare e di corruzione. Gli anticorpi non c'erano e a certi livelli ancora non c'è la volontà di generarli. Ma esiste anche chi lotta per averli.
Prima del maxi processo di Palermo i mafiosi dicevano che la mafia non esiste e che era una invenzione dei continentali. In Valle fino a pochi anni fa chi rappresentava il governo valdostano diceva che la mafia non esiste in assoluto. Perché?
Lo abbiamo visto con l'istituzione della Commissione antimafia: era molto debole, a tempo determinato, e ha concluso le solite cose nonostante fossero state audite persone che hanno descritto una situazione allarmante. Il problema di fondo è che la politica deve essere competente su questi fenomeni, deve avere la volontà di contrastarli e deve recepire le richieste che arrivano dal basso. Noi ad esempio insieme ad altre associazioni avevamo chiesto una Commissione ed un Osservatorio permanente contro le infiltrazioni mafiose con persone esperte nel campo perché ci si può improvvisare esperti su questi temi. Auspichiamo anche la divisione delle cariche di presidente della Regine e Prefetto ed un sistema di preferenza unica alle elezioni. I mafiosi utilizzano anche il controllo del voto e con la preferenza unica diventa tutto più complicato.
Sul caso dell'ex procuratore capo Longarini hai l'impressione che quanto emerso finora sia solo la punta dell'iceberg?
Possiamo basare le nostre valutazioni solo sul lavoro delle forze dell'ordine e da quello che si legge sulle carte il quadro è drammatico. Ci sarà ovviamente un processo e bisognerà aspettare che la giustizia faccia il suo corso, ma esiste anche un problema dal punto di vista etico e morale che noi, come cittadini, chiediamo che venga chiarito. Da una persona che riveste un ruolo di quel tipo ci si aspetta un certo tipo di comportamento e quando escono fuori situazioni di questo tipo servono risposte ben chiare.
C'è ancora speranza?
Sì, c'è, e arriva soprattutto dai ragazzi. Li incontriamo nelle scuole tutto l'anno e sono straordinari, sono il nostro presente ed il nostro futuro e hanno bisogno di risposte chiare e di figure credibili. Stanno imparando a leggere il territorio e certamente situazioni come queste sono destabilizzanti, ma ci chiedono di avere gli anticorpi. Speriamo che questo rappresenti davvero una ribellione delle coscienze, una volontà da parte della società di diventare capace di leggere e contrastare questi fenomeni.
Marco Camilli