Scettiche sull'andamento di economia e occupazione e sull'uso dei soldi pubblici, le famiglie continuano a risparmiare
Dal risparmio cautelativo al consumo sobrio, dalla minore propensione all'indebitamento alla rinnovata spinta patrimonialista fino alla riconferma di un modello di piccola impresa e di welfare familiare: sono questi i caratteri italici che prima hanno ammortizzato l'urto della crisi, ma che oggi rendono più difficile accodarsi alla ripresa. Insomma, è il ritratto di una economia in galleggiamento quella che emerge dal primo incontro dell'appuntamento “Un mese di sociale” organizzato dal Censis.
Negli anni della crisi gli italiani hanno accantonato 211 miliardi di euro in più, 36 miliardi di euro in più solo nell'ultimo anno, per uno stock complessivo di quasi 1.300 miliardi di euro in contanti e depositi bancari. In più, c'è un boom del risparmio gestito, con le quote dei Fondi comuni aumentate nel triennio 2011-2014 di 144 miliardi di euro (un dato che supera di oltre 41 miliardi il Pil di un Paese europeo come l'Ungheria). Nel complesso, le attività finanziarie nel portafoglio delle famiglie italiane sono pari a quasi 4.000 miliardi di euro. Oltre 36 milioni di connazionali non credono che ci sarà la ripresa, 9,1 milioni ritengono che ci sarà a breve e solo 5,1 milioni pensano che la ripresa è già in atto.
L'incertezza vince su tutto: il 93,9 per cento degli italiani si sente insicuro rispetto al proprio futuro, l'87,2 per cento rispetto al rischio disoccupazione, l'85,4 per cento rispetto alla possibilità di sperimentare difficoltà di reddito, il 77,5 per cento rispetto al rischio di non autosufficienza nell'età avanzata, il 74,1 per cento per la propria vecchiaia, il 63,4 per cento per la propria salute. Il 62,4 per cento sono convinti che nel prossimo futuro si avrà una riduzione della copertura del welfare pubblico. E di fronte all'incertezza, torna il mattone. Ad aprile c'è stata una impennata delle richieste di mutui: +72 per cento rispetto all'aprile 2014. È dal giugno dello scorso anno che le richieste di mutui crescono ogni mese con percentuali a due cifre. Nel 2014 le compravendite di abitazioni sono aumentate del 3,6 per cento e tra gli operatori del settore cresce l'ottimismo: gli agenti immobiliari ottimisti sull'andamento degli acquisti sono il 5,5 per cento in più rispetto ai pessimisti, mentre erano il 16,2 per cento in meno un anno fa. Altra arma per arginare l'incertezza è il ricorso al sommerso, al riparo dalle tasse. Sono 3,1 milioni i lavoratori non regolari in Italia, pari al 12,6 per cento dell'occupazione totale, con punte del 16,3 per cento nei servizi di alloggio e ristorazione, del 21,9 per cento in agricoltura, fino al 54,6 per cento nel lavoro domestico.
Il lavoro irregolare è parte di un sommerso sempre più focalizzato sull'acquisto di servizi e prestazioni. Sono 11 milioni gli italiani che dichiarano di avere acquistato in nero, senza fattura, almeno una prestazione in un anno da strutture o professionisti della sanità (di questi, 4,2 milioni per un valore di almeno 100 euro). Sono 14 milioni gli italiani che hanno acquistato in nero servizi per riparazioni o ristrutturazioni delle abitazioni.
L'incertezza diffusa fa il paio con la rabbiosa sfiducia nel modo in cui vengono gestiti i soldi pubblici. Il 79,3 per cento degli italiani non ha fiducia nel modo in cui le Regioni impiegano il denaro pubblico, il 70,9 per cento non si fida dei Comuni, il 56,9 per cento dell'Inps. La sfiducia non risparmia le imprese private aggiudicatarie di appalti pubblici: l'85,3 per cento degli italiani non si fida di loro. Al contrario, la fiducia degli italiani, anche per quanto riguarda la gestione dei soldi pubblici, va alle forze dell'ordine (74,7 per cento), al volontariato (il 67,8 per cento) e al terzo settore (52,3 per cento).
Clara Rossi