«Scelte poco trasparenti», appello di 7 Regioni sui contributi agli spettacoli dal vivo

I nuovi criteri definiti dal Ministero premia modelli «commerciali» anziché gli aspetti culturali e di pluralità

 

Sette Regioni hanno firmato un documento che esprime preoccupazione per i nuovi criteri definiti dal Ministero della Cultura per l'erogazione dei contributi del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo.

«Lo spettacolo dal vivo nel nostro paese potrebbe essere condizionato da scelte poco trasparenti e non condivise», si legge. «Scompaiono i riferimenti a innovazione, rischio culturale e dimensione internazionale, sostituiti da logiche di mercato basate su biglietti venduti e ricavi. Il Fondo perde così la sua natura pubblica di sostegno alla pluralità e alla sperimentazione, favorendo invece modelli più commerciali».

Oltre agli assessori di Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Toscana, Sardegna, Umbria, il documento è firmato anche dall'assessore ai Beni e attività culturali della Valle d'Aosta, Jean Pierre Guichardaz.

La richiesta principale è quella di aprire un tavolo di confronto per ridefinire i parametri di valutazione del Fondo per gli spettacoli dal vivo. Ma non solo: le Regioni chiedono di ricostituire da zero le commissioni teatro e multidisciplinare, bilanciare meglio le competenze tecniche e la rappresentanza istituzionale e garantire trasparenza nel valutare le istanze di riesame

Il timore è che i nuovi criteri finiscano per penalizzare «le realtà più dinamiche e coraggiose, fondamentali per la vitalità culturale dei territori, soprattutto quelli più fragili e periferici». Le conseguenze «sono già evidenti: decine di realtà culturali - festival, compagnie, centri di produzione - sono state escluse o pesantemente ridimensionate in base a criteri poco trasparenti, in un quadro che colpisce con particolare durezza chi lavora in ottica di innovazione, inclusione e funzione sociale. Nei territori regionali, tutto ciò comporta un progressivo impoverimento dell'offerta culturale, che rischia di accentuare divari già esistenti tra aree centrali e periferiche, tra grandi istituzioni consolidate e organismi agili, ma fondamentali per il presidio culturale e la coesione delle comunità».

 


E.G.

 

 

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