Psichiatria e disagio adolescenziale: intervista al primario Anna Maria Beoni

Il lockdown, le incertezze della guerra e le aspettative di fronte alla capacità della sanità pubblica di affrontare le problematiche che segnano le giovani generazioni

 

Anna Maria Beoni

Anna Maria Beoni è primario del reparto di Psichiatria di Aosta. Un reparto difficile che in Valle d'Aosta deve affrontare anche l'ondata di disagio giovanile emerso prepotentemente durante e dopo il lockdown. Chiediamo a lei quale è la situazione nella nostra regione e quali sono le principali problematiche.

Dott.ssa Beoni, stiamo vivendo momenti particolari e i giovani sono particolarmente esposti a ciò che accade nel mondo: pandemia, crisi economica, il terrore di una guerra e persino una guerra nucleare. Quali segnali percepisce dal mondo adolescenziale?
«Durante il lockdown abbiamo assistito a un iniziale incremento di ricoveri di minori. Prima ricoverare minori nel reparto adulti di Psichiatria era un'eccezione, col passare del tempo invece questo fenomeno è aumentato. Poi, dopo la fine del lockdown e con la ripresa della vita normale, c'è stata un'esplosione di disagio nei giovani a livello regionale, nazionale ed europeo. La letteratura internazionale ci mette in guardia sul fatto che bisogna affrontare il problema adolescenziale. Ragazzi che soffrono, che stanno male, che vivono in uno stato di difficoltà scolastica, familiare e relazionale. Spesso tutto questo porta all'abuso di sostanze psicoattive che sono molto più dannose rispetto a quelle che circolavano in passato. Le nuove sostanze creano molti più problemi sul piano cognitivo e organico con conseguenze invalidanti. Basti pensare che la Neuropsichiatria infantile ha quadruplicato la spesa per gli inserimenti in struttura dei minori e questo ci dà una indicazione di quanto sia peggiorata la situazione».

Uno dei grandi problemi di chi vive questi disagi è la difficoltà a trovare supporto rivolgendosi alla sanità pubblica.
«Con il lockdown sono emerse le criticità del nostro sistema sanitario. Per quanto riguarda la Neuropsichiatria infantile già prima della pandemia c'era il problema dei pochi posti letto in Italia, ma è chiaro che se ci sono pochi specialisti anche gli ambulatori sono pochi. In Valle d'Aosta non abbiamo una Neuropsichiatria infantile. In passato ci appoggiavamo al Regina Margherita di Torino, ma quella soluzione non è più sufficiente e oggi ci troviamo con lunghe liste di attesa. In questo momento utilizzare il servizio più idoneo per il minore è un problema».

Quando si ha difficoltà a trovare professionisti a cui rivolgersi c'è il rischio di ricorrere alle cure "fai da te", magari assumendo o facendo assumere farmaci non prescritti. Quali sono i pericoli in questo caso?
«Il misuso dei farmaci, cioè il loro cattivo uso, è un pericolo. Questa situazione la vediamo più tra gli adulti, le donne in particolare: hanno un'amica cui è stato prescritto un farmaco per esempio per l'ansia, vedono che funziona e se lo passano. Ma i farmaci sono come un coltello che può tagliare il pane o essere utilizzato per ferire. Il farmaco va usato con cautela, solo quando è strettamente necessario, al dosaggio minimo e non in maniera inappropriata. Questo vale ancora di più per i minori, perché il cervello fino ai 18-20 anni è in una fase di sviluppo che se inquinata da sostanze psicoattive può provocare conseguenze drammatiche, importanti: ansia, insonnia, problemi cognitivi».

Nell'ultimo periodo assistiamo a episodi particolari che coinvolgono gli adolescenti: casi di violenza tra giovanissimi, baby gang per esempio. Qual è la situazione nella nostra regione?
«Quello che riscontriamo è che gli adolescenti sono cambiati. Già da bambini utilizzano i social, i cellulari e gli strumenti elettronici e questo comporta un diverso modo di "funzionare" dove tutto è immediato. Si fa una domanda e c'è subito una risposta. Questo fa venire meno la capacità di aspettare, di tollerare l'attesa. Si vuole tutto e lo si vuole subito e lo vediamo anche noi adulti: con i cellulari siamo raggiungibili immediatamente, all'e-mail bisogna rispondere subito... il risultato è un eccesso di agitazione, una aspettativa eccessiva di risposte immediate. E' un modo di "funzionare" troppo rapido. I giovani e gli adolescenti poi vengono sottoposti ad alte aspettative a scuola, nello sport. Vengono chieste loro prestazioni elevate e continuative. Anche questo può essere fonte di stress che vediamo sfociare per esempio nei disturbi alimentari quando non si riesce a raggiungere gli obiettivi stabiliti».

La pillola della felicità non esiste.
«No, non esiste. Gli antichi greci dicevano che l'uomo deve imparare a conoscere i propri limiti e che, se lo fa, li può superare ma anche accettare. Secondo me dobbiamo imparare dagli antichi greci e anche imparare a tollerare le frustrazioni. Un autore, James Hillman, diceva che dentro ognuno di noi c'è una ghianda: se scopriamo questa ghianda, scopriamo il nostro talento. Ognuno di noi lo ha.  Non tutti possono diventare campioni di sci o di calcio, laurearsi o raggiungere grandi obiettivi, e la vita è fatta anche di altre cose».

 

 

Marco Camilli

 

 

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