Approvato invece un odg che sollecita il legislatore nazionale a dare attuazione agli appelli della Corte Costituzionale
Al termine di una lunga e articolata discussione, a tratti commossa e a tratti accesa, il Consiglio regionale della Valle d'Aosta ha votato e respinto una proposta di legge del gruppo PCP sul suicidio medicalmente assistito. Il testo depositato a febbraio 2024 riprendeva la sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale, i cui principi sono poi stati ribaditi lo scorso anno, per riconoscere il diritto ad una persona gravemente malata, in presenza di condizioni definite e accertate, di porre fine alla propria vita.
In ventisette si sono astenuti - i gruppi Union Valdôtaine, Stella Alpina, Lega VdA, Rassemblement Valdôtain, Forza Italia, Crétier di Federalisti Progressisti-Partito Democratico e Carrel di Pour l'Autonomie - mentre hanno votato a favore le proponenti di Progetto Civico Progressista, i consiglieri Bertin, Guichardaz, Malacrinò e Padovani di FP-PD e Di Marco di Pour l'Autonomiste. Non ha partecipato al voto Lucianaz (gruppo misto).
Con invece 23 voti a favore - UV, FP-PD, PlA, SA, RV - 9 astensioni - Lega VdA, FI - e la non partecipazione al voto dei gruppi PCP e misto, l'aula ha approvato un ordine del giorno che sollecita il Parlamento a intervenire con una legislazione completa e organica sul tema del suicidio assistito «affinché vi sia da parte del legislatore nazionale compiuta concretizzazione degli appelli ripetuti della Corte Costituzionale e di conseguenza si approvi una legge sul fine vita».
Nel dibattito sulla proposta di legge, la capogruppo PCP Erika Guichardaz ha spiegato: «La sentenza della Corte Costituzionale (sul suicidio medicalmente assistito, ndr) c'è già. La nostra proposta legge chiede che vengano date procedure e tempi certi e vuole evitare ritardi, ostruzioni e ambiguità procedurali che, come dimostrano i casi di Federico Carboni, Fabio Ridolfi e “Antonio”, hanno ostacolato l’accesso tempestivo e dignitoso a questa scelta».
«In assenza di una presa in carico a livello nazionale, e dopo la sollecitazione della Consulta, le Regioni non possono ignorare il tema del fine vita», ha affermato la consigliera del PCP Chiara Minelli prima di ricordare Laura Santi, malata di sclerosi multipla che si è tolta la vita lunedì con il suicidio assistito. «La sentenza (della Corte Costituzionale, ndr) 242/2019 ha segnato sul piano etico-giuridico una svolta da cui non si torna indietro».
Luca Distort (Lega VdA) ha richiamato i «25 secoli di cultura» cristiana e affermato che una legge sul fine vita «è un calmante perfetto per il sistema sanitario che potrebbe ergersi a giudice» e la legge proposta «si fonda sul senso di colpa che nasce nella persona che soffre e genera sofferenza per gli altri». Secondo Distort «se non si riconosce il senso della vita, il senso della sofferenza, nasce una cultura della morte». Serve inoltre «un confronto molto più approfondito. Gli approfondimenti fatti in Commissione sono estremamente limitati» e un tema di questo genere «va trattato ad altri livelli».
Il capogruppo di Pour l'Autonomie, Aldo Di Marco: «è una questione di civiltà. Non si può negare all'individuo il diritto all'autodeterminazione di porre fine in maniera umana e dignitosa alla propria esistenza divenuta insostenibile a causa della malattia». Secondo Di Marco dare la possibilità ad una persona gravemente malata di porre fine alla propria vita è «un supremo atto di rispetto e solidarietà e di un principio personale assoluto di autodeterminazione che nessuna persona o istituzione può negare».
Andrea Padovani (FP-PD) «il tema non è il diritto a morire, bensì il diritto di scegliere se vivere in condizioni che la persona stessa ritiene intollerabili». La Consulta ha già stabilito «che la dignità della persona può, in circostanze ben precise, includere il diritto a dire basta».
Diversi interventi hanno sottolineato che la norma sarebbe stata molto facilmente impugnata dallo Stato, che è competente in materia. Il testo riprende una proposta legislativa dell'Associazione Luca Coscioni già discussa da altre Regioni e approvata in Toscana. Per quest'ultima il governo ha interpellato la Corte Costituzionale.
Corrado Jordan ha affermato che «la norma non avrà efficacia politica, ma è fine a se stessa e sarà impugnata». L'esponente UV ha proposto di votare piuttosto «un impegno verso il parlamento e i gruppi politici perché lo Stato non lasci un vuoto giuridico così forte. È lo Stato che ha un ruolo centrale, non delegabile, sul fine vita. Serve una legge organica che dia attuazione alla sentenza del 2019 e uniformità di diritti. Lo Stato deve tutelare i diritti costituzionali. Secondo Jordan «non è da sottovalutare il conflitto etico e religioso, si rischiano abusi e interpretazioni troppo estensive».
Barmasse (UV), medico, è tra coloro che si sono astenuti: «In uno Stato laico, in cui il cittadino ha il diritto di decidere: questa proposta di legge può essere una buona proposta, ma mi asterrò perché credo che questo tipo di leggi debbano essere fatte a livello nazionale».
Il presidente del Consiglio Alberto Bertin (FP-PD) ha denunciato «l'inerzia scandalosa da parte del Parlamento nella disciplina di questa materia. La presentazione di questa proposta di legge opera come stimolo nei confronti dello Stato ad uscire dall'immobilismo, assolvendo finalmente i suoi doveri legislativi. Molte Regioni stanno intervenendo con leggi proprie sulla questione e sono certo che il Governo Meloni le impugnerà tutte, ma non sono altrettanto certo di come si pronuncerà la Corte Costituzionale. In questo contesto, l'autolimitazione dell'Assemblea legislativa non mi pare la scelta migliore, soprattutto in un sistema autonomista come il nostro».
Elena Giovinazzo